capisce come Alfonso Bialetti potesse aver preso in prestito lo stesso principio per applicarlo alla sua moka in alluminio che brevettò nel 1933 insieme all’amico e collega Luigi De Ponti, dandole la popolare forma a base ottagonale: anche qui la consorte sembra c’entrare, visto che l’estetica richiamerebbe le ampie gonne a pieghe portate dalla donna e la posizione che spesso teneva, con il braccio ripiegato sul fianco, da cui deriverebbe il manico.
A rendere la Moka Express un oggetto del desiderio dell’Italia del secondo dopoguerra, perché pratico e accessibile a tutti, ci pensò però il figlio Renato Bialetti, investendo in pubblicità e introducendo con la collaborazione del fumettista, disegnatore e animatore Paul Campani il famoso “omino coi baffi”, a lui ispirato, ancora adesso simbolo del marchio. Il resto, come si dice, è storia: la caffettiera è stata una star televisiva con Carosello, l’hanno reinterpretata in edizioni limitate artisti e stilisti, si trova in diversi colori, dimensioni e rivestimenti e non ha nessuna intenzione di cedere il posto ad altri strumenti più sofisticati, per i quali, difficilmente, si proverà lo stesso affetto.